Addestramento del Cocker alla caccia e alle prove

Invitato dall’amico Marini a prendere parte alla stesura delle note di addestramento sul Cocker, e più in generale su ogni Spaniel con sicuro istinto venatorio, ho sentito in me la necessità di dilungarmi su alcuni preamboli che potrebbero interessare sia il neofita che l’allevatore esperto.


Con l’amico Marini ci conosciamo da ormai molti anni, in particolare da quando egli acquistò presso un comune amico una Springer di buona qualità proveniente dal ceppo del mio allevamento; per comune interesse decidemmo di prepararla per le prove, o meglio io gli fornii metodi di addestramento e allenamento, nonché di conduzione in gara con costante supervisone, e lui si impegnò a fondo nell’apprendere e applicare quello che è il metodo che nella sostanza il nostro gruppo adotta tuttora con i lusinghieri risultati che costantemente vengono ottenuti.

Questo metodo, nato con lo scopo di far competere i miei Springer del tipo descritto dal relativo standard con i più fisicamente dotati e predisposti soggetti delle linee di sangue da prove, si è poi peraltro dimostrato di grande efficacia anche quando è stato applicato ai cani di linee da prove stessi.

Questo aspetto mi sembra di particolare importanza se andiamo a considerare il tipo di Cocker al quale viene indirizzato: le linee di sangue di Cocker del tipo descritto dallo standard condividono infatti diverse caratteristiche con le omologhe linee di Springer; per le linee da prove, che sono invece diverse, mi vorrei ora dilungare in alcune considerazioni personali e in un preambolo.

Non conosco infatti a fondo la razza Cocker, non sicuramente quanto lo Springer; tuttavia fino a qualche anno fa, avendo avuto alcune occasioni di addestrare, giudicare, nonché cacciare con qualche Cocker di amici, notando anche apparenti grandi differenze nelle qualità naturali venatorie, avevo tratto l’errata conclusione di una razza con qualità media scadente, ma con individui di grande spessore; un’osservazione più attenta e ulteriori occasioni di vedere all’opera un maggior numero di questi soggetti, nonché scambi di opinioni anche con l’amico Marini, mi hanno invece oggi pienamente convinto di quanto anche da lui asserito, e cioè che la razza gode, quantomeno in alcune linee di sangue, di ottima salute sia per quanto riguarda il tipo che le qualità venatorie, semmai sono proprio i proprietari e i fruitori a determinare quelli che a un’analisi superficiale paiono difetti e carenze genetiche.

Il preambolo di cui accennavo riguarda invece una tendenza che negli ultimi anni ha visto il sempre maggior utilizzo dei cosiddetti “Cocker!” inglesi da lavoro, sia “puri” che “ibridati” con soggetti di linee di sangue del tipo descritto dallo standard: io trovo estremamente pericoloso e nocivo per la razza l’utilizzo anche ai soli fini agonistici di questi soggetti, derivanti da più o meno dichiarati outcross con soggetti che non possiedono le caratteristiche della razza o addirittura ad essa non appartenenti; questa pericolosità è tanto maggiore se andiamo a considerare l’impossibilità di competere dei Cocker descritti dallo standard con questi soggetti, non tanto sulle qualità venatorie in sé e per sé (che in un soggetto tipico e di qualità sono probabilmente anche superiori), ma su alcuni aspetti della prestazione quali velocità, piacevolezza di movimento, avidità, irruenza e recettività di addestramento che sono invece determinanti per potersi affermare sui massimi gradini delle prove, ma che a mio modo di vedere non sono invece determinanti della tipicità della razza Cocker; questo confronto rischia così di distorcere la funzione fondamentale delle prove di miglioramento delle qualità dei cani del tipo descritto dallo standard, in quanto provoca, nella migliore delle ipotesi, la selezione in questo tipo di caratteristiche non proprie, e molto più comunemente il ricorso all’ibridazione con i soggetti da prove. Tutto ciò distoglie così l’allevatore dal curare gli aspetti tipici della razza per inseguire più abbordabili risultati agonistici, che però produrranno un grave danno alla razza in termini di tipicità anche operativa.

Se poi uno desidera un cane veloce, coraggioso, facilmente addestrabile, con un piacevolissimo movimento, atleticamente dotato e via di seguito sarebbe a mio modo di vedere più opportuno rivolgere l’interesse a uno “Springer” da prove (voglio tralasciare qui le considerazioni di cui sopra) piuttosto che a un “Cocker” da lavoro che, come dice l’amico Marini, ne rimarrà comunque un inutile “surrogato”; posso peraltro assicurarvi che mi è spesso capitato di vedere un Cocker in tipo e di sicure qualità venatorie, magari in compagnia di diversi “Springer” da prove, e di aver confidato all’amico che ne era il proprietario frasi del tipo “anche oggi, per veder CACCIARE un cane, mi è toccato guardare un Cocker!”.

Appurato così che sia voi che io siamo amanti di un cane puro il cui tipo sia espresso anche negli aspetti operativi, che dovrebbero non solo essere imprescindibili, ma addirittura determinanti della tipicità stessa, possiamo tornare a occuparci del capitolo addestramento, per il quale io e l’amico Marini produrremo il massimo sforzo nel tentativo di mettervi nelle migliori condizioni per svolgere un proficuo lavoro: per questo vi invito a seguire con attenzione gli articoli dedicati.

 

Federico Vannucci